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Sceicco o fondo? La vera sfida per il futuro

Il Calcio Italiano e le Sfide dell’Imprenditoria: È Necessario un Super Ricco?

19 giugno 2025 – In un contesto calcistico sempre più influenzato da fondi d’investimento americani e sceicchi arabi, Carmelo Pennisi torna a discutere dell’evoluzione delle squadre di calcio in Italia. Sotto esame la presunta necessità di avere un magnate alle spalle per prosperare in un ambiente tanto competitivo.

Negli ultimi anni, si è diffusa l’idea che solo i super-ricchi possano garantire il successo nel calcio italiano. Questo ha generato preoccupazione tra i tifosi, che temono una resa della nostra classe imprenditoriale tradizionale. Ma è davvero così? Un club di Serie A ha bisogno di un patrimonio imponente per raggiungere successo e stabilità finanziaria?

Pennisi evidenzia esempi di piccole e medie imprese che, attraverso una gestione lungimirante, hanno creato progetti sportivi vincenti. Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, e Claudio Lotito, a capo della Lazio, sono emblematici: entrambi provengono da contesti imprenditoriali non stratosferici ma hanno trasformato le loro squadre in vere e proprie istituzioni, aumentando il valore dei loro club senza essere miliardari.

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La storia di Antonio Percassi con l’Atalanta è un altro caso significativo. Nonostante un inizio difficile, Percassi ha saputo portare i bergamaschi a livelli europei, facendo investimenti mirati e costruendo uno stadio di proprietà. L’entrata di un partner finanziario nel 2022 non è stato un atto di sconfitta ma una strategia per garantire ulteriore solidità al club.

Inoltre, l’esperienza della Bologna di Joey Saputo conferma come una gestione prudente possa produrre risultati positivi. Saputo, pur essendo un imprenditore di successo grazie al commercio di latticini, ha riportato il club felsineo su buone strade senza l’ingresso di investimenti stratosferici.

Certo, ci sono club come il Torino, Genoa e Sampdoria che affrontano gravi difficoltà. Ma, secondo Pennisi, il problema non risiede nei fondi, quanto nella mancanza di strategie efficaci. Questo dimostra che anche un piccolo imprenditore può fare la differenza, sfidando le convenzioni e raggiungendo il successo.

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Proseguendo, il calcio italiano ha l’opportunità di “normalizzarsi” e trovare un nuovo slancio, investendo non solo in infrastrutture ma anche nella crescita di talenti locali. La sfida è ambiziosa ma non impossibile. Le attese di molti tifosi di avere imprenditori alla Qatar o ai Saudi Royals potrebbero rivelarsi infondate se non si valorizza il capitale umano e le capacità imprenditoriali italiane.

In conclusione, la via per il rilancio del calcio italiano è chiara: puntare su piccoli imprenditori capaci di creare benessere e risultati, senza dipendere esclusivamente dai miliardari. Un percorso tutto da scrivere, che potrebbe riportare l’Italia ai vertici del calcio mondiale.

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