Due dei più grandi quarterback della storia della NFL, Brett Favre e Aaron Rodgers, hanno segnato un’epoca con i Green Bay Packers. Tuttavia, entrambi hanno vissuto un finale di carriera turbolento dopo aver lasciato la squadra che li aveva consacrati. Le loro storie, parallele e sorprendenti, sono oggi un esempio di come l’ambizione possa sfociare in decisioni discutibili.
Brett Favre: pentimento a posteriori
Nel 2008, Brett Favre annunciò il ritiro… salvo poi voler tornare. Ma i Packers avevano già scelto di puntare su Aaron Rodgers. Il risultato fu un addio amaro e una cessione ai New York Jets. Anni dopo, nel 2013, lo stesso Favre ammise le sue colpe:
“È stata colpa mia”, dichiarò, riferendosi al caotico divorzio da Green Bay.
Dopo una stagione a New York, Favre si unì ai Minnesota Vikings, dove mostrò ancora lampi del suo talento. Ma il suo ritiro definitivo fu accompagnato da controversie, tra cui un ritratto poco lusinghiero in un documentario Netflix e problemi legali fuori dal campo.
Aaron Rodgers: il successore che ripete la storia
Divenuto l’erede naturale di Favre, Aaron Rodgers ha vissuto una carriera brillante a Green Bay: quattro titoli MVP, un Super Bowl vinto e una reputazione da leggenda vivente. Tuttavia, nel 2023, anche lui lasciò i Packers per unirsi ai New York Jets, proprio come Favre quindici anni prima.
Il debutto con i Jets fu un disastro: rottura del tendine d’Achille alla prima partita e stagione finita prima di iniziare. Il successivo anno non andò meglio, culminando con l’esonero dell’allenatore. A maggio 2025, Rodgers è ancora senza contratto e valuta il ritiro definitivo. Ha espresso il desiderio di firmare un contratto simbolico di un giorno con Green Bay per ritirarsi come Packer.
Due carriere leggendarie, due lezioni amare
Favre e Rodgers resteranno per sempre icone della NFL, ma il loro percorso insegna molto: anche le leggende possono sbagliare, e andarsene non è sempre un’evoluzione. Il loro declino post-Packers dimostra quanto sia difficile ricreare la magia altrove.
Green Bay li ha fatti grandi. E, forse, sono stati proprio loro a non rendersene conto fino in fondo.